The Cross

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†~Black_Mamba~†
view post Posted on 5/2/2011, 14:37




U-U mi son presa coraggio e ho deciso di mostrarvi le mie schifezze....questa è la seconda che ho scritto ed il titolo l'ho inventato giusto giusto 1 minuto fa :hero:......Che dire adoro il fantasy e la mia mente è perennem,ente invasa da viaggioni assurdi...questo è uno di quelli XD

Questo è un mini-prologo....a seconda dei commenti decreterò sè è meglio continuare o smettere di farvi soffrire XD

0


Una bambina dagli occhi chiari che gioca con una piccola palla di pezza, si diverte anche da sola...Ormai c’è abituata siccome sia i bambini che gli adulti di quel piccolo villaggio la evitano da anni. Il perché non le era mai importato. Si gira verso l’uscio di una piccola casa dietro di lei su cui si trovavano un giovane uomo, alto dai capelli castani e occhi del medesimo colore con al suo fianco una bellissima donna dai lunghi capelli biondi e occhi color smeraldo. I suoi genitori. Lascia la palla e corre verso di loro, si ferma ai piedi della madre sporca di terra e fango e le porge un piccolo fiore azzurro che aveva trovato poco prima. La madre si china su di lei, ha il volto come stravolto da una notte insonne –Che hai mamma? Non ti piace il fiore?- la bambina era preoccupata: non aveva mai visto sua madre così, in un attimo si sente abbracciare e le lacrime e i singhiozzi della madre le inondano il viso. Ora era spaventata, si mise a piangere anche lei senza una ragione –Mamma! Mamma!!!-

Balzò. Era sudata. Dopo aver realizzato e ricordato dove si trovasse, ancora con il fiato corto per il brusco risveglio, appoggiò la testa contro l’albero che quella notte aveva usato come giaciglio. Quante volte aveva già fatto quel sogno? Troppe. Si coprì il volto con le mani e dopo pochi secondi si diresse verso il ruscello poco distante dalla sua postazione e si rinfrescò viso, braccia e collo. Si fermò a contemplare la sua immagine riflessa nell’acqua limpida.
Quegli occhi azzurri talmente chiari da sembrare di cristallo, quei capelli neri come la notte interrotti da qualche ciocca bianca che contrastavano con la sua pelle lattea...cadaverica a suo parere. Per quanto potesse sembrare bella tutto ciò che era –dentro e fuori- portava solo disgrazie a lei e a chi la circondava. Dopo il disastro era fuggita, promettendosi che non sarebbe mai tornata indietro, che avrebbe viaggiato per trovare un posto dove poter vivere in pace e non nuocere nessuno.
Si sistemò il bendaggio sulla spalla, non le riusciva molto bene siccome doveva farselo da sola, ma doveva in qualche modo coprire quella cicatrice che si portava dietro ormai da anni, pur di nascondere quella piaga sopportava anche il fastidio, seppur leggero, che le dava la benda stringendo sui seni.
Mirò ancora per qualche istante la sua immagine e schiaffò l’acqua come se volesse cancellare quel volto. Si alzò e si stiracchiò la schiena , si massaggiò le gambe e le cosce ancora un po’ intorpidite passando in rassegna sotto le dita alcune cicatrici - dovute al suo viaggiare nei boschi piuttosto che sui sentieri battuti - e al suo vestiario: prevedeva solo dei corti pantaloni di pelle a metà coscia e stivali sempre di pelle a metà polpaccio, entrambi marroni. Teneva invece più coperta la parte superiore del corpo, un corpetto di pelle nero con sopra un mantello verde munito di cappuccio.
Sistemò stivali e mantello, poi tornò ai piedi dell’albero dove aveva lasciato una sacca, una cintola con appesi un pugnale e delle tasche di pelle ed infine la sua spada, sempre che una sottile lama di metallo vecchia e consumata con un’elsa ricoperta di stracci sporchi e laceri potesse essere definita così.
Frugò nella sacca e ne estrasse un paio di sottili guanti di pelle neri leggermente ricamati sull’orlo; li indossò e poi, con la sacca a tracolla, la cintola alla vita e la spada al suo fianco, riprese il cammino del giorno precedente.

*svanisce nell'ombra dalla quale proviene* :egitto:
 
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view post Posted on 5/2/2011, 14:42

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è bella! *-*
 
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†~Black_Mamba~†
view post Posted on 5/2/2011, 16:03




E allora ti spaparapanzo il capitolo +_+

1


Camminava già da alcune ore. Era stanca ma si concedeva solo poche pause, a tenerla sveglia ci pensavano gli svariati rovi che trovava sul cammino; arrivò in una radura, era assetata ma non aveva più molta acqua con sé. Si mise le mani sui fianchi per decidere cosa fare, di ruscelli neanche l’ombra, senza scoraggiarsi infilò una mano nella sacca e ne estrasse un libro di modeste dimensioni e volume. Si tolse i guanti e cominciò a sfogliare il tomo, era un antico libro di magie che trattava soprattutto sul controllo degli elementi, più qualche altra magia utile alla sopravivenza come magie curative e di mimetizzazione.
Tastò il terreno con le mani in cerca di un punto abbastanza umido dove poter compiere la magia, rilesse con attenzione una pagina del libro. Pose le mani aperte sopra il terreno, chiuse gli occhi e si concentrò; dopo qualche istante le mani crearono una luce azzurrina e il terreno si aprì facendo uscire dell’acqua, come se fosse una fontana. Tirò fuori dalla sacca una borraccia e la riempì fino all’orlo, poi, con un’altra piccola magia, fece ritornare tutto come prima “Ben fatto Safira”.
Ripose la borraccia e il libro nella sacca. Quel libro lo aveva trovato a fianco a se, insieme a tutto ciò che ora possedeva e si portava appresso, al suo risveglio dopo il Disastro; oltre a quegli oggetti le era anche comparsa la cicatrice che all’inizio pensava fosse dovuta a una ferita che aveva riportato nella caduta, ma dopo qualche tempo e dopo la consultazione di qualche libro capì che la cosa era più complicata di quanto immaginasse. Le piacevano le cicatrici, quella aveva una forma che ricordava vagamente una croce, sarebbe stata la sua preferita tra tutte quelle che aveva se solo non fosse la causa di tutti i suoi problemi.
Col tempo aveva però iniziato a vivere in pace con se stessa, accettarsi per quello che era e faceva del suo meglio per controllarsi e non nuocere niente e nessuno con cui venisse a contatto. Non tutto però le era chiaro. Aveva ricordi della sua infanzia, ma alcuni molto confusi, faceva sempre lo stesso sogno di quando era bambina e ignorava chi o cosa le avesse dato la spada, i vestiti, il libro e tutto il resto.
Teneva sempre la mente occupata con questi pensieri, non perché le piacessero, ma perché non sapeva a cosa altro pensare. Dal suo risveglio era sempre stata da sola quindi ricordare il passato era l’unica cosa che poteva fare.

Immersa in questi pensieri aveva percorso un notevole pezzo di strada e si stava facendo sera. Preferiva viaggiare di giorno e riposarsi la sera, si sentiva più sicura. Decise di fare ancora un po’ di strada, in modo da poter giungere il giorno dopo a Jaghd, una delle principali città della Regione della Terra. Senza preavviso arrivò al limitare del bosco nel quale si era inoltrata e si ritrovò alle porte di un villaggio. Non era grandissimo, quelle che dovevano essere le mura ormai erano solo un mucchio di legno e pietre...Era stato completamente raso al suolo. Le case, i negozi, le locande...ormai non c’erano più, quelle che per miracolo erano rimaste in piedi sarebbero in ogni caso crollate da un momento all’altro.
Safira però noto subito che nell’aria era impregnata, anche se molto lievemente, di un terribile odore di zolfo; la insospettì per il semplice fatto che il villaggio Deria – aveva scoperto il nome da un’insegna parzialmente bruciata – aveva l’impressione di essere stato distrutto molto tempo prima del suo arrivo...Ma l’odore di zolfo doveva già essere sparito se fosse stato davvero così, quello che la insospettì più di tutto però era che quell’odore lo aveva già sentito, non ricordava dove e come ma ne era sicura, e sapeva che non era semplice zolfo: se si faceva attenzione si poteva percepire un misto di zolfo e putrido...un odore che molti paragonerebbero solo che all’inferno.
Decise di ignorare questo particolare e di esplorare il villaggio per cercare un riparo ed eventualmente qualcosa di utile da portare con se. Entrò in quella che doveva essere stata una drogheria, trovò del cibo ormai avariato ma rovistando in varie scatole e contenitori fece rifornimento di carne secca, erbe mediche e veleni “Potranno sempre tornarmi utili...tanto non credo che qui servano a qualcuno”. Scorse una piccola porta semi distrutta che portava sul retro, pensando di poter trovare ancora qualcosa da poter portare via, la sfondò del tutto e fece un balzo indietro scorgendo sul pavimento un cadavere: alto quasi metà porta e maschio...le uniche cose che poteva affermare con certezza siccome il corpo –come tutto il resto- era carbonizzato. Un nano, sapeva che in negozi di veleni e medicamenti era facile trovarli come proprietari... L’odore che emanava quel posto ora non era dei migliori, decise quindi di non proseguire oltre e di uscire con quello che aveva trovato.
Alla fine di una via trovò una stalla, si aspettava di tutto meno che sentire il nitrito di un cavallo. Accorse verso l’interno della stalla e vi trovò un cavallo nero immerso in una pozza di sangue. Come faceva ad essere ancora vivo? Forse il villaggio non era stato attaccato tanto tempo prima come aveva supposto...il che era più strano e più logico allo stesso tempo. Ma non era il momento per certe domande, ora doveva fare il possibile per salvare l’animale.
Aveva una ferita al ventre, non molto profonda, ma abbastanza larga da causare una modesta perdita di sangue; si ricordò delle erbe mediche che aveva preso poco prima, fece una rapida consultazione del suo libro dopodiché ne applicò qualcuna sulla ferita, dopo averla opportunamente lavorata.
Il cavallo prese a dimenarsi, doveva bruciare parecchio, Safira cercò di calmarlo come poteva ma l’animale non ne voleva sapere tanto che cercò di colpirla con un calcio, nello schivare la zampa del cavallo le si tolse il cappuccio che non toglieva mai –anche se si trovava da sola- il suo sguardo incrociò quello del cavallo che come per magia si acquietò. Safira rimase sorpresa, lo fissò ancora per qualche secondo e poi si rimise su di lui e la sua ferita.; scorse un incisione sul legno della scuderia “ANTARES”...doveva chiamarsi così il cavallo.
- Antares - ripeté lei e con maggiore sorpresa l’animale rispose con un nitrito, rimase a contemplare la ferita pensando a cosa sarebbe stato meglio fare “Questa ferita non guarirà nemmeno con tutte le erbe di questo mondo...dovrò usare la magia...” l’idea la spaventava poiché a differenza della Magia Elementare, quella Bianca veniva attuata su esseri viventi e lei conosceva solo la teoria perché di pratica non ne aveva mai fatta. “Se non lo fai morirà comunque...quindi tanto vale provare” era l’unica possibile salvezza per Antares. Si tolse i guanti e, come per la magia dell’acqua, posizionò le mani aperte a circa un centimetro dalla ferita, chiuse gli occhi, si concentrò e questa volta si creò una luce bianca; l’operazione durò svariati minuti ma alla fine la ferita era completamente rimarginata.
Era fradicia di sudore, non era mai stata così tanto in tensione e sotto pressione; Antares dal canto suo era ancora a terra, temeva il peggio nonostante non ci fosse più la ferita perché sapeva che non sempre le magie funzionano, ma dopo aver visto il ventre del cavallo alzarsi e abbassarsi regolarmente si rasserenò.
Si concesse una breve riposata e quando riaprì gli occhi Antares era ancora lì, in piedi che la fissava. Lei si alzò abbozzando un piccolo sorriso e si avvicinò a lui poggiando una mano – aveva premurosamente indossato i guanti appena conclusa la magia- sul muso dell’animale e lo accarezzò.
Safira fece per rimettersi il cappuccio ma il cavallo glielo impedì tirandoglielo indietro, lei rimase un po’ sorpresa ma alla fine cedette al volere di Antares - Hai ragione, dopotutto nessuno mi può vedere siccome qui ci siamo solo io e te...- stettero qualche momento a fissarsi l’un l’altra, poi il cavallo si girò e uscì dalla stalla dirigendosi verso un grande albero poco distante dalle mura del villaggio, Safira decise di seguirlo.
Camminava per le viottole del paese guardando sempre dritta davanti a sè quando sentì di aver calciato qualcosa con un piede, non era un sasso perché rimbalzando aveva prodotto il suono di qualcosa di metallico. Vide che poco distante da lei stava un piccolo oggetto, probabilmente ciò che aveva scontrato, si chinò per raccoglierlo e appena lo ebbe in mano le sembrò che il tempo si fermasse e che le forze le venissero a mancare, stava per cadere a terra e per potersi appoggiare con una mano l’oggetto le cadde di nuovo. Chiuse gli occhi e li riaprì subito dopo accompagnata da un leggero fiatone, le doleva la mano destra, girò il palmo verso di lei e con un misto di orrore e stupore vide che le era rimasta una cicatrice identica a quella che aveva sulla spalla solo più piccola e intorno a quella forma di croce bianca si era formato un leggero alone nero. Strappò un piccolo pezzo di stoffa dall’elsa della spada e raccolse l’oggetto. Come aveva intuito si trattava di una specie di ciondolo a forma di croce, una croce molto sottile e con le estremità uncinate che al centro custodiva un piccolo cristallo nero “Non si può trattare di una coincidenza...Non hai mai creduto nelle coincidenze Safira...La vita te lo ha insegnato...” . Senza fare ulteriore contemplazione dell’oggetto in questione lo ripiegò accuratamente nel pezzo di stoffa e ripose il ciondolo in un taschino del corpetto. Si rialzò da terra e si affrettò a raggiungere la collina con il grande albero, per un attimo non si era sentita al sicuro e, anche se era un cavallo, la compagnia di Antares la poteva rassicurare; odiava quelle situazioni in cui non aveva il controllo e la freddezza che le servivano...
Giunta sulla sommità si accorse di avere fatto un buon pezzo di strada e da lì si poteva vedere tutto il villaggio, sentì che Antares le stava tirando il mantello e quindi decise di voltarsi verso di lui per vedere il motivo di tanta insistenza. Vide il cavallo vicino al corpo di un bambino , a differenza degli altri pochi cadaveri in cui era incappata quello era in buonissimo stato: niente di bruciato, non eccessivamente sporco...Se non ci fosse stato quel paesaggio intorno si poteva dire che stesse dormendo anche perché non era pallido –come si addice a un cadavere- ma la pelle era ancora rosea e questo fece crollare definitivamente tutte le teorie di Safira “se lui è in queste condizioni... –pensò mentre si inginocchiava vicino al bambino- ...allora il villaggio è stato davvero distrutto da poco...non più di due giorni e da qualcuno di terribilmente potente...”. Con questi pensieri per la mente esaminava il corpo del bambino “non più di dieci anni...” passò le mani sul suo viso, era freddo, posizionò le dita poco sopra le sue labbra e sentì caldo...Non era possibile...- Come diavolo fa ad essere ancora vivo?!- come per smentire quello che aveva detto mise l’orecchio sopra la bocca del bambino e puntò gli occhi sul suo petto; era impercettibile ma il torace si alzava e abbassava lievemente, l’aria calda usciva come un soffio leggerissimo e prestando attenzione con la mano si potevano percepire degli impercettibili batti del cuore. Doveva fare qualcosa, almeno provare a salvarlo, non si sarebbe mai perdonata di averlo lasciato morire...L’unica cosa che la faceva desistere era il modo in cui lo doveva fare. “Il mio potere...non l’ho mai usato su nessuno ma so che l’unica speranza che ha questo bambino...come per Antares presto o tardi morirà comunque...peccato che non sappia nemmeno da dove cominciare...” Come se qualcuno l’avesse ascoltata, la cicatrice sulla mano cominciò a pulsare e in uno scattò si posizionò sul petto del ragazzo...tutto contro la volontà di Safira –Ma che diavolo...- poi avvertì di nuovo quella sensazione; sentiva le forze mancarle e la mano che le bruciava, era come se fosse attaccata al bambino e non si potesse più staccare. Era al limite della sopportazione ma prima che gli occhi le si chiudessero vide che la pelle del piccolo riacquistava colore e anche la sua mano lo stava facendo...solo che il colore in questione era il nero...Di colpo quel bruciore lancinante e quel misto di sensazioni che sentiva dentro di sé smisero, ma nonostante questo chiuse gli occhi e svenne a terra vicino al bambino e ad Antares che aveva assistito alla scena senza dare alcun segno di inquietudine o di spavento.
...– Mamma! Mamma!!!-... Aprì gli occhi di scatto... di nuovo quel sogno. Aveva altro a cui pensare ora: il dolore alla mano si era affievolito e dava solo un leggero fastidio, ma quello che le premeva di più era il bambino e della riuscita o meno del suo operato.
Si ricordava di essere svenuta al suo fianco, si tirò seduta e si volse alla sua sinistra...Non c’era più, e ora che ci faceva caso anche Antares era sparito.
Si massaggiò la tempia pulsante e si alzò in piedi, da quella collinetta si poteva vedere quasi per intero tutto il villaggio ma di Antares e del bambino neanche l’ombra; dietro di lei sentì avvicinarsi qualcuno e d’istinto mise la mano sull’elsa della spada che inavvertitamente fu pervasa da una specie di scossa e Safira se ne accorse, si girò di scatto senza però estrarre l’arma e così poté scorgere Antares con al suo fianco il bambino che le venivano incontro.
Mentre si avvicinavano studiò dettagliatamente il ragazzino: non più di dieci anni, capelli rossicci e ondulati che si intonavano perfettamente con le lentiggini e gli occhi marroni che rendevano quel viso ancora più dolce di quanto lo facessero i lineamenti. Fece qualche passo per raggiungerli quando si ricordò della mano, la fissò...Il piccolo alone nero in seguito all’utilizzo del suo potere si era ingrandito; nascose quella brutta verità infilando i guanti e decise anche di non raccontare dell’accaduto al bambino ma di inventare qualcosa.
Appena furono di fronte l’uno all’altra, per la timidezza il ragazzino si nascose dietro le gambe di un Antares tranquillo e pacato; non ci sapeva fare con le persone ma cercò di tranquillizzare il piccolo piegandosi sulle ginocchia per arrivare al suo livello gli porse la mano sinistra (non voleva rischiare che accadesse qualcosa di spiacevole porgendogli la destra) – Sono Safira e non intendo farti del male...Tu chi sei?- il bambino lì per lì non mosse un muscolo perché troppo intimidito, ma vedendo che Safira non accennava a togliersi da quella posizione si avvicinò paino piano e lentamente allungò la mano fino a toccare quella di lei – H...Hans.....Mi chiamo Hans-

 
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view post Posted on 5/2/2011, 19:21

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ma è bellissima panzi *ççççççççççççççççççççççççççççççççççççççç*
mi piace tantissimo sono pèroprio curiosa di sapere il continuo *çççççççççççç*
 
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.Naruto Namikaze.
view post Posted on 5/2/2011, 22:18




quoto...la storia è molto bella....mi ricorda Xena
 
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†~Black_Mamba~†
view post Posted on 6/2/2011, 12:48




La mitica Xena....non mi osno ispirata a lei ma siccome la stimo troppo apprezzo il commento *_*

Grazie a tutti spero di trovare la voglia e lo spunto per continuarla XD
 
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view post Posted on 6/2/2011, 13:51

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uh non avevo letto il primo capitolo..è bellissimo *--*
 
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†~Black_Mamba~†
view post Posted on 6/2/2011, 14:19




Grazie sweet *_*

semmai oggi provo a continuare....devo dire che se riescoa buttare giù quello che ho n mente risulterà essere una storia un po' diversa dalle altre....cioè....no non vi dico niente XD
 
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view post Posted on 6/2/2011, 14:27

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mi fai venire curiosità *-* xd
 
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†~Black_Mamba~†
view post Posted on 6/2/2011, 14:37




spero di andare avanti +_+ se finisco matematica in tempo mi metto a scrivere!
 
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†~Black_Mamba~†
view post Posted on 7/2/2011, 17:41




Ecco il secondo cap....non so non è tutto sto grnachè però ritengo che servisse alla storia XD

2



Sebbene si vedesse che era spaventato aveva la presa sicura, il suo volto mostrava incertezza e timidezza - …Tu chi sei?- Safira si scosse da quello stato di trance in cui era momentaneamente caduta e si ritrovò indecisa sul che cosa rispondere il ragazzino, decise di travisare cambiando argomento –Questo era il tuo villaggio?- Hans fece un passetto indietro allontanandosi dalla sua mano e annuì debolmente. Safira lo fece a sua volta e rimanendo inginocchiata volse nuovamente lo sguardo verso quel poco che rimaneva di quel villaggio.
Fosse stato per lei avrebbe iniziato a tempestare di domande il piccolo Hans ma non volle fargli tornare alla mente tristi, se non orribili, ricordi…almeno per ora.
Ci fu un momento di silenzio, uno di quelli opprimenti in cui ti verrebbe voglia di scappare; di che cosa potevano parlare un bambino scampato per miracolo alla morte che ha subito la distruzione della sua casa e della sua famiglia ed una perfetta sconosciuta che non ricordava nemmeno da quanto tempo non ha un contatto umano?
Safira stava fissando il paesaggio davanti a sé, avrebbe voluto gridare ma si trattenne dal farlo, tornò a squadrare la figura di Hans; aveva tutta l’aria di essere un bambino amato dai genitori con molti amici e assai vivace e la cosa la infastidiva un po’, anche se non voleva ammetterlo “Non è certo colpa sua Safira” poi incrociò il suo sguardo e notò che la stava fissando con un’aria piuttosto incuriosita. Rimase qualche secondo a fissarlo anche lei intenta a capire perché la stesse guardando a quel modo, nemmeno il tempo di finire di formulare il pensiero che subito si accorse di essere senza cappuccio, lo teneva tanto da non sentirlo nemmeno più addosso ma poco prima Antares le aveva impedito di rimetterselo e se ne era dimenticata. Scattò in piedi, si voltò e si coprì la testa il più velocemente possibile. Non sopportava la sua stessa immagine figuriamoci farsi vedere da un estraneo in pieno viso; stringeva i pugni più forte che poteva, non provava rabbia ma un grande senso di inadeguatezza e di frustrazione che odiava ma che non la abbandonava mai.
Stare a contemplare quel luogo desolato non avrebbe giovato a nessuno dei presenti –Te la senti di viaggiare?-, pose la domanda con lo sguardo fisso verso il villaggio –Perché?- Hans rispose come colto alla sprovvista.
-Se non te ne fossi reso conto ora sei solo, rimanere qui non mi sembra l’idea più saggia. Ti accompagnerò fino al villaggio di Hazel, partendo ora dovremmo riuscire ad arrivare poco prima che faccia buio del tutto- si voltò verso di lui in attesa di una risposta, anche se fosse stato contrario ce lo avrebbe portato comunque ma le sembrava doveroso sentire quello che aveva da dire. Lui si limitò ad annuire debolmente spostando lo sguardo a terra.
Neanche il tempo di far mente locale che i due si ritrovarono sul dorso di Antares che procedeva piuttosto spedito. Inizialmente nessuno sembrava intenzionato a spiccicare una parola, lei troppo impacciata e lui troppo intimidito dalla sua figura.
Era già trascorsa circa un’ora quando d’improvviso Hans iniziò a parlare, come se avesse letto nella mente di Safira, curiosa di conoscere quanto accaduto al suo villaggio –Stavo giocando al fiume da solo, quando ho sentito provenire dal villaggio delle urla. Sono corso per vedere cosa stava succedendo ma buona parte di Deria ormai era andata distrutta. Ho cercato di raggiungere la mia mamma ma quando sono arrivato nel cortile della mia casa non ho trovato nessuno; mi sono diretto allora verso il centro del villaggio dove non si vedeva latro che gente che scappava spaventata – fece una piccola pausa per riprendere fiato – cercavo di vedere chi o che cosa li stesse spaventando quando dal centro della piazza sentii arrivare un odore terribile tanto che vomitai…Stavo per svenire ma avevo paura e volevo scappare così cercai di allontanarmi, ma mi trovai davanti un cavallo gigantesco con in sella un uomo incappucciato avvolto in un mantello e……..- arrivato a quel punto del racconto si bloccò e si racchiuse tutto su se stesso -…E che cosa?- Safira decise di incalzarlo: quella storia non le quadrava molto.
Hans non sembrava propenso a soddisfare la sua curiosità, dopo qualche minuto concluse -…sono svenuto-. Lì per lì poteva sembrare un escamotage per sviare il discorso ma il tono della sua voce faceva trasparire tutta la sincerità del racconto; tuttavia Safira non sembrava soddisfatta di quanto aveva ascoltato –Un uomo dici? Come fai ad esserne sicuro? Poteva essere un Elfo o persino una donna! Avevano stemmi, simboli o qualcosa di riconoscibile? Li avevi mai visti prima?- Più domande faceva e più Hans si stringeva alla criniera di Antares come sopraffatto da tutti quei quesiti a cui non poteva, e non sapeva, dare risposta.
Safira si rese conto troppo tardi di aver completamente sbagliato approccio e cercò qualcosa da dire al piccolo che non potesse urtare il suo stato d’animo già abbastanza barcollante –Devo dire che per avere solo dieci anni parli come un adolescente!-. A quell’affermazione Hans sembrò tranquillizzarsi, allentò la presa sul crine e si mise in posizione più eretta –Mio padre era il capo villaggio…Mi ha insegnato a leggere e a scrivere…- in un primo momento sembrò rattristirsi ma cercò di contenersi, forse per dimostrarle la sua forza d’animo.
Safira si limitò a frugare nella tasca e a porgergli due stecche di carne secca che divorò in un batter d’occhio; dal canto suo lei abbozzò un piccolo sorriso e gli appoggiò una mano sui folti capelli rossicci.
Il viaggio stava procedendo in totale tranquillità e Antares galoppava ormai già da qualche ora ma non sembrava risentirne. “Tutto un po’ troppo calmo” Safira non si sentiva mai a suo agio in nessun luogo e in nessuna situazione, per di più quando nel giro di così tanto tempo non le accadeva niente di spiacevole: l’esperienza le aveva insegnato a stare sempre all’erta, anche nei momenti di minor rischio. “…Questo rumore…Un agguato?!” come finì di formulare il pensiero Antares si fermò di colpo schivando due frecce provenienti dalla radura che si trovava alla loro destra; i due passeggeri caddero a terra, Hans sopra Safira che di tutta risposta brontolò scocciata. Tempo di rimettersi in piedi che dai cespugli balzarono fuori due uomini, uno grosso e alto non molto più di lei mentre l’altro era magrolino ed impugnava una piccola balestra; dalle loro vesti e dalle espressioni che si ritrovavano in faccia potevano essere tutto tranne che gentiluomini di passaggio.
La situazione era pressoché palese: due briganti avevano pensato bene di tendere un agguato ai primi viaggiatori di passaggio e a privarli dei loro beni “Una scocciatura bella e buona”, Safira non si mosse di un millimetro al contrario di Hans che cercava come poteva di nascondersi dietro le sue gambe.
-Bene bene cosa abbiamo qui? Una bella signorina e un bamboccio…Bè direi due viaggiatori alquanto insoliti ma non preoccupatevi, noi non facciamo distinzioni- il più grosso dei due terminò la frase estraendo un pugnale dalla cintola.
-Hans, dietro a quell’albero svelto. In quanto a voi – incrociò le braccia e si avvicinò ai suoi interlocutori con passi lenti ma lunghi –oggi è il vostro giorno sfortunato, dovevo arrivare a Jaghd entro sera ma prima arriva il marmocchio e adesso voi. Non ho intenzione di perdere altro tempo con due bifolchi della vostra specie quindi vi lascio scegliere: o in meno di un battito d’ali girate i tacchi e sparite dalla mia vista oppure vi ritroverete a dormire come due bambinetti…Allora?- come si aspettava ricevette in risposta una risata sguaiata da parte dei due briganti. Safira si era nel mentre portata faccia a faccia con quello che stringeva il pugnale e senza dire una parola si limitò ad osservarlo in attesa di una sua mossa. –Certo che sei proprio simpatica però…non ti hanno insegnato che è maleducazione tenere il volto coperto e non presentarsi?- avvicinò la lama al suo cappuccio con l’intento di toglierglielo –Vedo che hai preso una decisione alla fine- .
Le sue mani si mossero velocemente, afferrò il polso dello pseudo - aggressore e glielo ritorse dietro la schiena, lo fece inginocchiare a terra con un semplice calcio alle gambe e il brigante fu costretto a mollare la presa sull’arma, Safira arretrò di circa tre passi aspettando un contrattacco che non tardò ad arrivare; inconsciamente quello si girò di scatto intento ad aggredirla ma lei non attendeva altro: la distanza era quella giusta per poter assestare un bel calcio allo sterno che lo fece volare di qualche metro indietro fino a quando non si scontrò contro un albero, svenendo. –Mi aspettavo qualcosa di più- fu l’unica cosa che disse Safira al termine dell’azione spostando lo sguardo verso l’altro brigante che stava fissando il corpo del compagno steso poco distante da lui con un’aria incredula ma allo stesso tempo spaventata. Imbracciò la sua balestra puntando contro di lei, ma la tensione durò meno di un attimo perché Antares si avventò su di lui rompendogli l’arma con gli zoccoli anteriori e rifilandogli una bella calciata che lo spedì vicino al suo compagno.
Anche Safira sembrava rimasta stupita dal comportamento del cavallo, mai più si sarebbe aspettata di vedere una cosa simile; “Ora che ci penso però…” fece mente locale e ripensò a qualche momento prima quando aveva avvertito l’arrivo delle frecce e alla reazione di Antares: aveva percepito anche lui il sibilo in mezzo agli alberi o, peggio aveva ascoltato i suoi pensieri? “Avanti Safira, ne hai viste di cose strane ma questa è forse la peggio di tutte…Avrà visto qualche cosa per terra e si sarà spaventato evitando casualmente le frecce” pensava a tutto ciò nonostante credesse ben poco alle casualità –Ehi tu, ora puoi anche uscire- Hans bucò con la testa da dietro l’albero –Sono….- accennò fissando i due corpi accasciati a terra –Stanno solo dormendo, si sveglieranno nel bel mezzo della notte se non addirittura domani mattina. Forza andiamo-. Si issò con le braccia sul dorso di Antares e solo in quel momento fece caso al fatto che per tutto quel tempo avevano viaggiato senza sella e senza briglie, il che la fece rimanere piuttosto interdetta siccome un cavallo non sellato è piuttosto difficile da cavalcare. Più ci pensava e meno le piaceva quella situazione e quella serie di incontri che la stavano rallentando sulla sua tabella di marcia; Hans si avvicinò e Safira lo tirò su facendolo sedere davanti a lei –Stai comodo?- gli chiese, lui si limitò ad annuire. “Sempre più strano”. Non era il caso di indugiare ma non riuscì a trattenere la curiosità di dare una risposta a tutti i suoi dubbi; fece un respiro profondo e si disse tra sé “Sarà meglio affrettare il passo o non arriveremo entro sera” , come temeva Antares si mise a galoppare ad una velocità più sostenuta di quella precedente tanto che sia lei sia Hans dovettero inizialmente tenersi stretti per non cadere. Nessuno dei due spiccicò una parola, lui era visibilmente e lei era terrorizzata al punto tale da non accorgersi di come le cose intorno a lei e in lei stavano lentamente cambiando.
 
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view post Posted on 7/2/2011, 17:51

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ma che bello brava panzi *__________________________________________*
è bellissima *ç*
 
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†~Black_Mamba~†
view post Posted on 7/2/2011, 17:58




Lady così arrossisco U/////U
 
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view post Posted on 7/2/2011, 18:01

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no non arrosire è vero sei molto brava U.U
 
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